Da Liberazione del 4 dicembre 2008
Fermate questo massacro Lo ha affermato timidamente il Presidente dalla Camera: sarebbe meglio che le imprese non licenziassero. Naturalmente non se l’è filato nessuno, anche perché poi è probabile la smentita. Questa crisi sempre più velocemente rivela il suo volto feroce, brutale, di classe. E sono proprio i licenziamenti lo strumento principe che viene oggi utilizzato. Si licenziano i precari, si licenziano i lavoratori anziani, questo mentre Confindustria e Banca d’Italia chiedono di allungare ancora l’età pensionabile. Si licenziano i lavoratori nelle piccole aziende, in quelle in crisi, e anche in quelle che fanno ancora profitti. Si licenzia dappertutto. La Telecom ha annunciato migliaia di licenziamenti per tenere alta la quotazione del suo titolo, pagare la pubblicità così simpatica e divertente, garantire i profitti. Ancora una volta è il modello americano che avanza. Quello che fa preannunciare alla General Motors decine di migliaia di licenziamenti. L’America persevera. La crisi finanziaria è esplosa per la montagna di debiti inesigibili di lavoratori licenziati, precari, sottopagati, e ora si licenzia ancor di più. E’ veramente il meccanismo folle della crisi del ’29, quello che fece per anni somministrare all’economia le stesse ricette che l’avevano distrutta. Anche in Italia, al di là delle chiacchiere e degli scontri su Sky, avanza la distruzione dell’occupazione e del salario. Sempre più spesso sono intere famiglie che vengono precipitate nella disperazione. Mi è capitato di incontrare, nella ricchissima Vicenza, a un presidio di una fabbrica ferma (la Iar-Siltal), due lavoratori, marito e moglie, entrambi in cassa integrazione a zero ore.
Per il ministro Tremonti essi non hanno bisogno di nulla perché la somma dei loro redditi formali, cioè quelli garantiti da un anno di cassa integrazione lorda, supera il reddito familiare che dà diritto a un piccolo bonus fiscale. In realtà, siccome la cassa integrazione non viene anticipata a nessuno dei due, questi due lavoratori di Vicenza, con figli a carico, affrontano il natale con zero entrate. Magari la Telecom anticiperà il trattamento di mobilità o di Cassa, e allora sentiremo ministri e imprenditori sproloquiare sul fatto che ci sono lavoratori privilegiati rispetto ad altri. Dividere per licenziare meglio è una tecnica antica, che oggi viene rinnovata e resa più sofisticata. Pochi giorni fa, all’hotel Marriott di Milano, una società di consulenza ha tenuto un seminario per manager per illustrare le migliori e più moderne tecniche di licenziamento. Non sappiamo quanti abbiano partecipato al nobile incontro, ma i risultati li vediamo già.
Ci sono milioni di famiglie, di operai e impiegati, che sono sulla soglia del fallimento. Perché se un reddito familiare già oggi è tirato e non copre tutte le spese fino alla fine del mese, basta una sola cassa integrazione, e ancor di più un licenziamento, perché la famiglia non sia più in grado di pagare nulla: mutui, rate, spese scolastiche, debiti vari. Per la Cisl c’è il rischio di 900 mila licenziamenti (a proposito, caro Bonanni, allora lo sciopero del 12 le sue ragioni ce le ha?), c’è un milione di famiglie che rischia il fallimento immediato. Alla sola ipotesi che le banche potessero avere dei problemi (non fallire, ma semplicemente avere dei problemi...), il governo ha sventolato una garanzia di venti miliardi di euro. Cosa si fa per quelle famiglie che non possono certo portare i libri in tribunale, ma devono solo rinunciare, dalla sera alla mattina, alla vita faticosamente costruita? Questa è la distruzione creatrice che i cialtroni di varie scuole esaltano, bene: è giunto il momento di fermarla. Bisogna rivolgersi alla Confindustria, alle associazioni delle imprese, alle banche, agli amministratori delegati, alle aziende pubbliche e private: care signore e cari signori, prima di tutto fermate i licenziamenti, altrimenti aggraverete una crisi che noi non abbiamo alcuna intenzione di pagare
Fermate questo massacro Lo ha affermato timidamente il Presidente dalla Camera: sarebbe meglio che le imprese non licenziassero. Naturalmente non se l’è filato nessuno, anche perché poi è probabile la smentita. Questa crisi sempre più velocemente rivela il suo volto feroce, brutale, di classe. E sono proprio i licenziamenti lo strumento principe che viene oggi utilizzato. Si licenziano i precari, si licenziano i lavoratori anziani, questo mentre Confindustria e Banca d’Italia chiedono di allungare ancora l’età pensionabile. Si licenziano i lavoratori nelle piccole aziende, in quelle in crisi, e anche in quelle che fanno ancora profitti. Si licenzia dappertutto. La Telecom ha annunciato migliaia di licenziamenti per tenere alta la quotazione del suo titolo, pagare la pubblicità così simpatica e divertente, garantire i profitti. Ancora una volta è il modello americano che avanza. Quello che fa preannunciare alla General Motors decine di migliaia di licenziamenti. L’America persevera. La crisi finanziaria è esplosa per la montagna di debiti inesigibili di lavoratori licenziati, precari, sottopagati, e ora si licenzia ancor di più. E’ veramente il meccanismo folle della crisi del ’29, quello che fece per anni somministrare all’economia le stesse ricette che l’avevano distrutta. Anche in Italia, al di là delle chiacchiere e degli scontri su Sky, avanza la distruzione dell’occupazione e del salario. Sempre più spesso sono intere famiglie che vengono precipitate nella disperazione. Mi è capitato di incontrare, nella ricchissima Vicenza, a un presidio di una fabbrica ferma (la Iar-Siltal), due lavoratori, marito e moglie, entrambi in cassa integrazione a zero ore.
Per il ministro Tremonti essi non hanno bisogno di nulla perché la somma dei loro redditi formali, cioè quelli garantiti da un anno di cassa integrazione lorda, supera il reddito familiare che dà diritto a un piccolo bonus fiscale. In realtà, siccome la cassa integrazione non viene anticipata a nessuno dei due, questi due lavoratori di Vicenza, con figli a carico, affrontano il natale con zero entrate. Magari la Telecom anticiperà il trattamento di mobilità o di Cassa, e allora sentiremo ministri e imprenditori sproloquiare sul fatto che ci sono lavoratori privilegiati rispetto ad altri. Dividere per licenziare meglio è una tecnica antica, che oggi viene rinnovata e resa più sofisticata. Pochi giorni fa, all’hotel Marriott di Milano, una società di consulenza ha tenuto un seminario per manager per illustrare le migliori e più moderne tecniche di licenziamento. Non sappiamo quanti abbiano partecipato al nobile incontro, ma i risultati li vediamo già.
Ci sono milioni di famiglie, di operai e impiegati, che sono sulla soglia del fallimento. Perché se un reddito familiare già oggi è tirato e non copre tutte le spese fino alla fine del mese, basta una sola cassa integrazione, e ancor di più un licenziamento, perché la famiglia non sia più in grado di pagare nulla: mutui, rate, spese scolastiche, debiti vari. Per la Cisl c’è il rischio di 900 mila licenziamenti (a proposito, caro Bonanni, allora lo sciopero del 12 le sue ragioni ce le ha?), c’è un milione di famiglie che rischia il fallimento immediato. Alla sola ipotesi che le banche potessero avere dei problemi (non fallire, ma semplicemente avere dei problemi...), il governo ha sventolato una garanzia di venti miliardi di euro. Cosa si fa per quelle famiglie che non possono certo portare i libri in tribunale, ma devono solo rinunciare, dalla sera alla mattina, alla vita faticosamente costruita? Questa è la distruzione creatrice che i cialtroni di varie scuole esaltano, bene: è giunto il momento di fermarla. Bisogna rivolgersi alla Confindustria, alle associazioni delle imprese, alle banche, agli amministratori delegati, alle aziende pubbliche e private: care signore e cari signori, prima di tutto fermate i licenziamenti, altrimenti aggraverete una crisi che noi non abbiamo alcuna intenzione di pagare
Giorgio Cremaschi